IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1303 del 2021, proposto da Maria Assunta Pistorino,
rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Arieta,  con  domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    contro Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, rappresentata  e
difesa dall'avvocato Giuseppe Brogno, con domicilio digitale come  da
PEC da Registri di Giustizia; 
    per l'ottemperanza della sentenza  del  Tribunale  di  Paola,  n.
336/2017, pubblicata il 13 aprile 2017; 
    visti il ricorso e i relativi allegati; 
    visti tutti gli atti della causa; 
    visto l'atto di costituzione in  giudizio  di  Azienda  Sanitaria
Provinciale di Cosenza; 
    relatore nella Camera di consiglio del giorno  9  marzo  2022  il
dott. Alberto Ugo e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale. 
I. - I Fatti di causa 
    I.1. - Con sentenza n. 336/2017, pubblicata il 13 aprile 2017, il
Tribunale di Paola ha condannato l'Azienda Provinciale di Cosenza «al
risarcimento del danno, in favore della parte attrice  [Sig.ra  Maria
Assunta Pistorino]  nella  misura  di  euro  14.504,65,  oltre  lucro
cessante, come in motivazione, e interessi legali  dal  giorno  della
pubblicazione  della  sentenza  fino  al  soddisfo'»,   nonche'   «al
pagamento, in  favore  della  parte  attrice  [Sig.ra  Maria  Assunta
Pistorino], delle spese processuali che determina in euro 483,00  per
esborsi ed in euro 4.000,00 per compensi  di  avvocato  oltre  IVA  e
rimborso ex art. 2, decreto ministeriale n. 55/2014». 
    La predetta sentenza del Tribunale di Paola e' stata munita della
formula esecutiva in data 28 aprile  2017  ed  e'  stata  ritualmente
notificata  dalla  sig.ra   Maria   Assunta   Pistorino   all'Azienda
Provinciale di Cosenza in data 16  maggio  2017.  Da  tale  data  e',
quindi, decorso il termine dilatorio di centoventi giorni previsto ex
lege per le esecuzioni contro le amministrazioni statali e  gli  enti
pubblici non economici. 
    La medesima sentenza e' passata in giudicato in data 14  novembre
2017, non essendo stata proposta  impugnazione,  come  risulta  dall'
attestazione rilasciata dalla  cancelleria  del  Tribunale  di  Paola
depositata in giudizio. 
    I.2.    -    A    fronte     del     perdurante     inadempimento
dell'Amministrazione, con ricorso notificato in data 15 luglio  2021,
depositato nella Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale in
data 28 luglio 2021, la ricorrente sig.ra Maria Assunta Pistorino  ha
chiesto  che  il  T.A.R.  adito  ordini  all'A.S.P.  di  Cosenza   il
compimento degli atti utili e necessari a dare  piena  esecuzione  al
giudicato nascente dalla predetta sentenza n. 336/2017 del  Tribunale
di Paola. 
    I.3. - L'A.S.P. di Cosenza  si  e'  costituita  in  giudizio  con
memoria depositata il 7 settembre 2021. 
    Con tale memoria, la resistente ha dedotto l'inammissibilita' del
ricorso in ottemperanza, in base a  quanto  disposto  dall'art.  117,
comma  4,  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34,  convertito  con
modificazioni con legge  17  luglio  2020,  n.  77,  come  modificato
dall'art. 3,  comma  8,  decreto-legge  31  dicembre  2020,  n.  183,
convertito con modificazioni con legge 26 febbraio 2021,  n.  21,  in
forza del quale e' stata disposta la sospensione, sino al 31 dicembre
2021, delle azioni esecutive proposte nei confronti  degli  Enti  del
Servizio Sanitario Nazionale. 
    Con la medesima memoria di costituzione, l'A.S.P. di  Cosenza  ha
chiesto anche il rigetto nel merito del ricorso in ottemperanza. 
    I.4. - Il ricorso e' stato trattato all'udienza  camerale  del  9
marzo 2022 e spedito in decisione. 
II. - La questione di legittimita' costituzionale 
    L'art. 117,  comma  4,  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34,
invocato   dalla   ricorrente   a   fondamento   dell'eccezione    di
inammissibilita' del ricorso introduttivo,  e'  stato  medio  tempore
dichiarato costituzionalmente illegittimo con  sentenza  della  Corte
costituzionale del 24 novembre 2021, n. 236. Tale  eccezione  e',  di
conseguenza, infondata. 
    Per la decisione della  causa  in  oggetto  viene,  invece,  piu'
propriamente  in  rilievo  l'art.  16-septies,  comma  2,  lett.  g),
decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di
conversione 17 dicembre 2021, n. 215. 
    E'  opinione  del  Tribunale  Amministrativo  Regionale  che  sia
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g),  citato,  per
contrasto con l'art. 24 della Costituzione, da solo e,  nella  misura
in cui riguardi anche il giudizio d'ottemperanza  svolto  davanti  al
giudice amministrativo, in combinata lettura  con  l'art.  113  della
Costituzione. 
III. - La rilevanza della questione 
    III.1.  -  La  disposizione  della  cui  compatibilita'  con   la
Costituzione si dubita  cosi'  recita:  «al  fine  di  coadiuvare  le
attivita'  previste  dal  presente  comma  [ossia  le  attivita'   di
controllo,  liquidazione  e  pagamento  delle  fatture,  sia  per  la
gestione corrente che per  il  pregresso,  nonche'  le  attivita'  di
monitoraggio e di gestione  del  contenzioso,  NDR],  assicurando  al
servizio sanitario della Regione Calabria  la  liquidita'  necessaria
allo  svolgimento  delle  predette  attivita'  finalizzate  anche  al
tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti
del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19  del
decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118,  non  possono  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della
presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». 
    III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre
che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice  di  procedura
civile,  anche  al  giudizio  di  ottemperanza,   che,   secondo   la
consolidata  giurisprudenza  amministrativa,  ha  funzione  e  natura
esecutiva, allorche' sia  attivato  ai  fini  dell'esecuzione  di  un
provvedimento di giudice civile. 
    Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un  titolo
formatosi davanti al giudice  ordinario,  il  giudice  amministrativo
deve svolgere un'attivita'  meramente  esecutiva  senza  possibilita'
d'integrare la sentenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 13
maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009,  n.  561;
Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A., 8  settembre
2014, n. 522), dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza  di
un comportamento omissivo o elusivo  e  all'attuazione  del  disposto
della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando  in
essa un limite invalicabile (in tal senso, Cons. Stato, Sez.  IV,  18
gennaio 2016, n. 145). 
    Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al  giudizio  di
ottemperanza la sospensione  delle  procedure  esecutive  individuali
prevista tanto dall'art. 243-bis, comma  4,  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio
di bilancio di un Ente locale (cfr. CGA 28 ottobre 2014, n. 586;  TAR
Sicilia - Catania,  Sez.  I,  11  luglio  2013  ,  n.  2045),  quanto
dall'art. 248, comma 2 del medesimo testo normativa per  il  caso  di
dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2018, n.  5184;  TAR
Lazio - Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440). 
    III. 3. - Occorre, a  questo  punto,  prendere  posizione  su  un
orientamento  formatosi   nella   giurisprudenza   amministrativa   a
proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti
del Servizio Sanitario disposta in  passato  con  leggi  che  saranno
richiamate ultra. 
    Un certo orientamento interpretativo (cfr. Cons. Stato, Sez. III,
11 luglio 2013, n. 3726; TAR Calabria - Reggio  Calabria,  31  luglio
2020, n. 480) ha ritenuto che la sospensione operi  soltanto  per  la
fase propriamente esecutiva, svolta dal Commissario ad acta  nominato
dal giudice amministrativo,  giacche'  raccoglimento,  da  parte  del
giudice, della domanda di ottemperanza si  risolve  nell'ordine  alla
stessa amministrazione debitrice di provvedere  all'esecuzione  entro
un dato termine, rafforzando cosi' un ordine che scaturisce gia'  dal
dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. 
    Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento  teste'
descritto. Innanzitutto, esso  opera  una  distinzione,  quanto  agli
effetti della  sospensione,  tra  la  fase  dell'ottemperanza  svolta
davanti al giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario ad
acta da esso nominato. Di tale distinzione, pero', non  v'e'  traccia
nelle varie previsioni legislative succedutesi, che, come quella oggi
in rilievo, si limitano a vietare che  le  azioni  esecutive  vengano
«intraprese» o «proseguite» nei confronti  degli  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale.  Peraltro,  l'uso  del  verbo   «intraprendere»
richiama  semanticamente  e  logicamente   l'attenzione   alla   fase
introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e  cioe'  al  momento  della
proposizione del ricorso. 
    In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale,
se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice
amministrativo  e  quella  che  vede  il  Commissario  ad  acta  come
protagonista - hanno come unica finalita'  l'attuazione  del  comando
giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. 
    Infine, una simile opzione ermeneutica  comporterebbe  spreco  di
attivita'  giurisdizionale,  richiedendo  la  pronuncia  del  giudice
amministrativo sulla domanda  di  ottemperanza  senza  che,  poi,  il
privato  possa  ottenere  la  soddisfazione  del   credito   azionato
esecutivamente; e comportando elevate probabilita'  di  incidenti  di
esecuzione  proprio  in  ordine  all'applicabilita'   della   ridetta
sospensione. 
    III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua  evidenza  la  rilevanza
dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge
21 ottobre 2021, n. 146,  infatti,  questo  Tribunale  Amministrativo
Regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente  e  in  via  del  tutto
preliminare, improcedibile il ricorso  proposto  dalla  sig.ra  Maria
Assunta Pistorino, senza dover esaminare la fondatezza della  pretesa
svolta dalla ricorrente e le argomentazioni difensive  che  l'Azienda
Sanitaria Provinciale di Cosenza ha esposto. 
IV - La non manifesta infondatezza della questione 
    IV - Il dubbio di incompatibilita' tra l'art.  16-septies,  comma
2, lettera g), decreto-legge 21 ottobre 2021, n.  146,  e  l'art.  24
della Costituzione  e'  alimentato  dall'esame  della  giurisprudenza
della Corte costituzionale. 
    Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in
giudizio  per  la  tutela  dei   propri   diritti   comprende   anche
l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione
del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). 
    La tutela in sede esecutiva, infatti,  e'  componente  essenziale
del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno
strumento   indispensabile   per    l'effettivita'    della    tutela
giurisdizionale, perche'  consente  al  ereditare  di  soddisfare  la
propria pretesa in mancanza di adempimento  spontaneo  da  parte  del
debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n.  198  del
2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del  1998;  ordinanza
n. 331 del 2001). 
    La fase di esecuzione  coattiva  delle  decisioni  di  giustizia,
proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della  funzione
giurisdizionale,   deve   ritenersi   costituzionalmente   necessaria
(sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di  effettivita'
della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante
di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n.  304  del
2011). 
    E' certo  riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  la
conformazione  degli  istituti  processuali,  con  il  limite   della
manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008);
ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga un 'ingiustificabile
compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del  2018;  negli
stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del  2021,  n.  271  del
2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). 
    La  sospensione  delle  procedure  esecutive   deve   costituire,
pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che  di
fatto svuoti di contenuto i titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti
nei confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificalo
da  particolari   esigenze   transitorie   qualora   [...]   siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza
n. 186 del 2013). 
    E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza  di  altri
diritti meritevoli di tutela - puo'  procrastinare  la  soddisfazione
del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche  in  sede
esecutiva. 
    Deve, pero', sussistere un ragionevole bilanciamento trai  valori
costituzionali   in   conflitto,   da   valutarsi   considerando   la
proporzionalita'  dei  mezzi  scelti  in  relazione   alle   esigenze
obiettive da soddisfare e alle  finalita'  perseguite  (ex  plurimis,
cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011,  n.
229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). 
    IV.2. - Sulla base dei principi teste' illustrati,  la  Corte  ha
gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186,
l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n.  220,  sia  nel  testo
risultante a seguito delle  modificazioni  introdotte  dall'art.  17,
comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98,  convertito
con modificazioni con legge 15 luglio 2011, n.  111,  sia  nel  testo
risultante  a  seguito  delle   ulteriori   modificazioni   apportate
dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre
2012, n. 158, convertito con modificazioni con legge 8 novembre 2012,
n. 189,  nella  parte  in  cui  prevedeva  che,  nelle  Regioni  gia'
commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro  dei  disavanzi
sanitari,  non  potessero  essere  intraprese  o  proseguite   azioni
esecutive, anche ai sensi dell'art. 112 c.p.a., nei  confronti  delle
aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni  medesime,  fino
al 31 dicembre 2012. 
    La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto
svuoti di contenuto i  titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti  nei
confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato  da
particolari esigenze transitorie  qualora,  per  un  verso,  siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale  (sentenze
n. 155  del  2004  e  n.  310  del  2003)  e,  per  altro  verso,  le
disposizioni  di  carattere  processuale  che  incidono  sui  giudizi
pendenti,  determinandone  l'estinzione,  siano  controbilanciate  da
disposizioni  di   carattere   sostanziale   che,   a   loro   volta,
garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione
giudiziale, la sostanziale realizzazione dei  diritti  oggetto  delle
procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). 
    Viceversa, la disposizione  in  quella  sede  censurata,  la  cui
durata nel tempo,  inizialmente  prevista  per  un  anno,  era  stata
differita di ulteriori due anni sino al 31  dicembre  2013,  oltre  a
prevedere la estinzione  delle  procedure  esecutive  iniziate  e  la
contestuale cessazione del vincolo  pignoratizio  gravante  sui  beni
bloccati ad istanza dei creditori  delle  aziende  sanitarie  ubicate
nelle Regioni commissariate (con derivante e  definitivo  accollo,  a
carico degli esecutanti, della spese di esecuzione gia'  affrontate),
non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo  di
ordinate  procedure  concorsuali  garantite  da  adeguata   copertura
finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali
sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. 
    Essa, pertanto, si  poneva,  in  entrambe  le  sue  versioni,  in
contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto, in  conseguenza
della norma censurata, venivano vanificati gli effetti  della  tutela
giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle  aziende
sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. 
    Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi  da  piu'  di  un
triennio,  nella  impossibilita'  di  trarre  dal  titolo   da   loro
conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa,  ma  dovevano,
altresi', sopportare, in  considerazione  dell'automatica  estinzione
(o, nella versione precedente,  della  inefficacia)  delle  procedure
esecutive  gia'  intraprese   e   della   liberazione   dal   vincolo
pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da  loro
anticipati per l'avvio della procedura stessa. 
    Ne' si verificava la condizione che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, rende legittimo il  blocco  delle  azioni  esecutive,
cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come  detto,
canalizzasse in una unica procedura  concorsuale  le  singole  azioni
esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non
si rinvenivano nei  piani  di  rientro  cui  la  disposizione  faceva
riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori  trovasse
una modalita' sostitutiva di soddisfazione. 
    La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di
tale tipo di procedura, ne' identificava le  risorse  finanziarie  da
cui attingere per il suo eventuale svolgimento. 
    La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza  che,
con la disposizione censurata, il legislatore statale  avesse  creato
una fattispecie diius singulare che determinava lo sbilanciamento fra
le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato
risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna
giudiziaria, con violazione del principio della parita'  delle  parti
di cui all'art. 111 della Costituzione. 
    Ne'  poteva,   infine,   valere   a   giustificare   l'intervento
legislativo censurato il fatto che  questo  potesse  essere  ritenuto
strumentale ad  assicurare  la  continuita'  della  erogazione  delle
funzioni  essenziali  connesse  al  servizio  sanitario:  infatti,  a
presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da  tempo  essere
posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge  18
gennaio 1993, n. 9, convertito con modificazioni con legge  18  marzo
1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei
fondi a destinazione vincolata essenziali ai  fini  della  erogazione
dei servizi sanitari. 
    IV.3. - Recentissimamente, con la sentenza del 7  dicembre  2021,
n.  236,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre  2020,
n. 183, convertito con modificazioni con legge 26 febbraio  2021,  n.
21,  che,  in  ragione  dell'emergenza  derivante  dall'epidemia   di
Covid-19,  aveva  prorogato  la  sospensione   delle   esecuzioni   e
l'inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del  Servizio
sanitario nazionale, gia' precedentemente disposta. 
    Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata
sentenza n. 186 del 2013,  la  Corte  ha  precisato  che,  nonostante
l'evoluzione  dell'emergenza   sanitaria   e   la   possibilita'   di
ricalibrare su di essa la programmazione di  cassa,  la  disposizione
censurata aveva prorogato la misura in danno  dei  creditori  per  un
intero anno senza alcun aggiornamento della  valutazione  comparativa
tra  i  loro  diritti  giudizialmente  accertati  e   gli   interessi
dell'esecutato pubblico. 
    In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del  «blocco»
delle esecuzioni  venivano  lasciati  invariabilmente  a  carico  dei
creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche  soggetti  cui  e'
stato riconosciuto un risarcimento in quanto  gravemente  danneggiati
nella salute o  operatori  economici  a  rischio  di  espulsione  dal
mercato. 
    Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta
sproporzionata e irragionevole per effetto di una  proroga  di  lungo
corso e non bilanciata  da  una  piu'  specifica  ponderazione  degli
interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela  giurisdizionale
ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita'  delle
parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. 
    Il protratto sacrificio imposto  ai  creditori  sul  piano  della
tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita'
con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una  tutela
alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era  stata  nella
specie predisposta. 
    IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede  va  applicata
replica,  a  parere  di  questo  Tribunale,  tutti   i   profili   di
illegittimita'   evidenziati   con    riferimento    ai    precedenti
provvedimenti di sospensione. 
    Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro  anni  (che
si aggiungono ai quasi due anni in  cui,  sino  alla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 236 del  2021,  le  procedure  esecutive  nei
confronti di tutti gli Enti del  Servizio  Sanitario  Nazionale  sono
rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. 
    Non prevede una  procedura  concorsuale  idonea  a  garantire  la
soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. 
    Crea  un'ingiustificata  disparita'  tra  debitore   pubblico   e
creditori  privati,  tra  i  quali  possono  ben   esservi   soggetti
socialmente o economicamente svantaggiati. 
    Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24
della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad  agire,
anche esecutivamente. 
    IV. 5 - Nella misura in cui l'art. 16-septies, comma  2,  lettera
g), decreto-legge n. 146 del 2021 si applica, come  gia'  illustrato,
anche al giudizio d'ottemperanza d'innanzi al giudice amministrativo,
la violazione dell'art. 24 della Costituzione si  apprezza  anche  in
combinato disposto con l'art. 113 della  Costituzione,  che  assicura
sempre «la tutela  giurisdizionale  dei  diritti  e  degli  interessi
legittimi  dinanzi  agli  organi   di   giurisdizione   ordinaria   o
amministrativa»  e  ne  vieta  l'esclusione  o   la   limitazione   a
particolari mezzi di impugnazione  o  per  determinate  categorie  di
atti. 
    Infatti, cio' che la norma  in  questione  determina  e'  proprio
l'impossibilita' per il creditore degli Enti del  servizio  sanitario
regionale della Calabria di ottenere dal  giudice  amministrativo  la
tutela  giurisdizionale  esecutiva,  in  ragione  del   provvedimento
giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario,  d'innanzi
agli organi di giustizia amministrativa. 
    Risulta quindi violato anche l'art. 113 della Costituzione. 
V. - Il giudizio presente va quindi  sospeso,  con  trasmissione,  ai
sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla Corte
costituzionale, affinche'  decida  della  questione  di  legittimita'
costituzionale che, con la  presente  ordinanza,  incidentalmente  si
pone